IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 497 del 2011, proposto da: Becton Dickinson Italia S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Paolo De Cesare, con domicilio eletto presso Vincenzo Paolo De Cesare in Salerno, via G. Quaranta, 8; Vincenzo Paolo De Cesare; Contro Azienda ospedaliera «Ruggi D'Aragona» di Salerno per l'ottemperanza al giudicato formatosi sui decreti ingiuntivi n. 2118/09, 4563/09, 1857/10, 5997/10, 5322/10, 6400/10 resi dal Tribunale civile di Salerno; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2011 il dott. Sabato Guadagno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. Con il ricorso in esame, la Becton Dickinson Italia s.p.a. ha chiesto l'ottemperanza ai giudicati formatisi sui decreti ingiuntivi n. 2118/09, 4563/09, 1857/10, 5997/10, 5322/10, 6400/10 resi dal Tribunale Civile di Salerno, emessi nei confronti dell' Azienda Ospedaliera «Ruggi D'Aragona» di Salerno. I decreti ingiuntivi per i quali si chiede l'ottemperanza sono passati in giudicato per mancata opposizione dell'azienda resistente, come da certificati della cancelleria del Tribunale di Salerno, depositati agli atti di causa unitamente al ricorso. Alla luce del principio ormai consolidato in giurisprudenza secondo il quale il decreto ingiuntivo non opposto acquista, al pari di un'ordinaria sentenza di condanna, autorita' ed efficacia di cosa giudicata in relazione al diritto in esso formalizzato, ai sensi degli artt. 647 e segg. cod. proc. civ. (Cass., Civ., sez. I, 26 marzo 2004, n. 6085); a fronte del protrarsi dell'inadempimento della pubblica amministrazione, il creditore che intende esercitare il suo diritto, puo' adire il giudice amministrativo in sede di ottemperanza, ai sensi degli artt. 112 e ss. D. 1gs. 104 del 2010, per conseguire la stessa tutela accordata ai creditori muniti di sentenza di condanna del giudice ordinario passata in giudicato (ex multis, TAR Campania, Napoli, sez. V, 9 febbraio 2006, n. 7743; Cons. Giust. Amm. Reg. sic. 14 aprile 2003, n. 156; Cons. Stato, sez. IV, 31 maggio 2003, n. 3031). L'azienda ospedaliera, alla data della proposizione del ricorso, non ha ancora adempiuto, sebbene sia anche decorso il termine dilatorio di 120 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, concesso alle amministrazioni pubbliche dall'art. 14 del D.L. n. 669 del 31 dicembre 1996 (convertito nella L. n. 30/1997, modificato dall'art. 147 L. n. 388 del 23 dicembre 2000, e successivamente dall'art. 44 n. 269 del D.L. 30 settembre 2003, convertito dalla L. n. 326 del 24 novembre 2003), per completare le procedure ai fini dell'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro; infatti i decreti ingiuntivi nn. 4841/2009, 7750/2009, 201/2010, 1400/2010, 1469/2010, 1943/2010, 5282/2010 e 4683/2010, sono stati notificati all'azienda debitrice in forma esecutiva, rispettivamente, il 28 settembre 2009, il 23 dicembre 2009, il 21 gennaio 2010, il 4 marzo 2010, 1'11 marzo 2010, il 17 marzo 2010, il 23 giugno 2010 e il 16 giugno 2010. 2. Occorre tuttavia considerare che, prima della proposizione del presente ricorso, e' intervenuto l'art. 1, comma 51, L. n. 220 del 12 dicembre 2010 - contenente disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria e di stabilita' per il 2011) - il quale cosi' recita: «Al fine di assicurare il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti oggetto della ricognizione di cui all'art. 11, comma 2 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per le regioni gia' sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, sottoscritti ai sensi dell'art. 1, comma 180 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e successive modificazioni, e gia' commissariate alla data di entrata in vigore della presente legge non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime fino al 31 dicembre 2011. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni di cui al presente comma alle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime ....non producono effetti fino al 31 dicembre 2011.....». Va incidentalmente osservato che, successivamente alla fissazione della camera di consiglio per la discussione del ricorso e nelle more della redazione della presente ordinanza, il legislatore, con l'art. 17, comma 4, lettera e), del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 - contenente disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111 - ha modificato il richiamato art. 1, comma 51, prorogando al 31 dicembre 2012, l'originario termine fissato al 31 dicembre 2011. Trattasi a ben vedere di una disposizione «a generalita' ridotta» ed a bassissimo tasso di astrattezza, che, emessa ad hoc, sembra integrare gli estremi della cd. legge-provvedimento finalizzata cioe' allo specifico scopo particolare di assicurare il ripristino dell'equilibrio economico finanziario delle aziende sanitarie ed ospedaliere delle regioni in dissesto, tra le quali rientra anche la Regione Campania. 3. Quest'ultima, infatti, con delibera della Giunta regionale n. 1843 del 9 dicembre 2005 (Bollettino Ufficiale della Regione Campania - n. 1 del 2 gennaio 2006), ha adottato disposizioni per il triennio 2006-2008 al fine di riportare l'equilibrio economico delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere, delle Aziende ospedaliere universitarie e della Fondazione Pascale, in conformita' all'art. 1, comma 173, L. n. 311 del 30 dicembre 2004 (Finanziaria 2005), il quale ha subordinato l'accesso delle singole Regioni al finanziamento integrativo a carico dello Stato (previsto dal comma 164) alla stipula ed al rispetto di una precisa intesa tra quest'ultimo e le Regioni, diretta a contenere la dinamica dei costi con il ricorso a misure specifiche. In seguito, con deliberazione n. 460 del 20 marzo 2007 (Bollettino Ufficiale della Regione Campania - n. 17 del 26 marzo 2007), la Giunta regionale ha approvatoil Piano di Rientro dal disavanzo e di riqualificazione e razionalizzazione del Servizio Sanitario Regionale ai fini della sottoscrizione dell'Accordo tra Stato e Regione Campania, ai sensi dell'art. 1, comma 180, della citata legge n. 311/2004. Con delibera del Consiglio dei Ministri del 24 luglio 2009, il Governo ha nominato il Presidente pro tempore della giunta regionale Campania, quale Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di Rientro dal disavanzo sanitario, ai sensi dell'art. 4, commi 1 e 2, del d.l. n. 159 del 1° ottobre 2007, convertito con modificazioni dalla L. n. 222 del 29 novembre 2007, e successive modifiche. La delibera e' stata poi confermata dalla delibera del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2010, con la quale il Presidente pro tempore della Regione Campania, in qualita' di Commissario ad acta, ha assunto il compito di proseguire nell'attuazione del Piano di Rientro secondo i programmi operativi di cui all'art. 1, comma 88, della L. n. 191 del 2009. 4. L'accertato stato di dissesto finanziario riconducibile al disavanzo sanitario comporta necessariamente l'applicazione dell'art. 1, comma 51, L. n. 220 del 2010 con conseguente inammissibilita' del presente ricorso e frustrazione delle pretese creditorie della societa' ricorrente. Tuttavia, ad avviso del Collegio, nella richiamata disposizione sono ravvisabili elementi tali da suscitare il sospetto di una illegittimita' costituzionale della stessa con riferimento agli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 41 e 111, comma 2, della Costituzione, per le ragioni che di seguito si esporranno. 5. Appare opportuna in via preliminare una ricostruzione del quadro normativo di riferimento. Al riguardo, si rammenta che l'art. 2, comma 89, della L. n. 191 del 23 dicembre 2009 (Legge finanziaria 2010), per un periodo di dodici mesi decorrenti dalla sua data di entrata in vigore (1° gennaio 2010), impediva ai creditori di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie od ospedaliere delle regioni che avessero sottoscritto i piani di rientro ai sensi dell'art. 1, comma 180, della menzionata L. n. 311 del 2004, cio' allo scopo di conseguire gli obiettivi sottesi ai piani medesimi, volti ad aggredire i disavanzi verificatisi nel settore sanitario. La norma stabiliva inoltre che i pignoramenti, eventualmente eseguiti, non avrebbero vincolato gli enti debitori e i tesorieri, i quali avrebbero potuto ugualmente disporre delle somme per i loro fini istituzionali. Quest'ultima previsione introduceva un meccanismo retroattivo in grado di rendere del tutto inefficaci i pignoramenti eseguiti in data antecedente l'entrata in vigore della legge e di consentire agli enti debitori di rientrare nella piena disponibilita' delle somme- dovute, ancorche' pignorate (cd. «svincolo delle somme»). Le perplessita' legate ai probabili profili di illegittimita' costituzionale e di contrasto con la normativa comunitaria, ha indotto il legislatore a modificare la disposizione citata con l'art. 1, comma 23-vicies del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194 (c.d. decreto Milleproroghe, convertito con modificazioni nella L. n. 25 del 26 febbraio 2010), il quale ha ridotto da dodici a due mesi l'efficacia temporale del blocco delle azioni esecutive. In virtu' di questa modifica, a partire dal 1° marzo 2010, veniva ripristinato il diritto dei creditori di agire in giudizio per il soddisfacimento delle pretese vantate nei confronti delle aziende sanitarie ed ospedaliere debitrici. Sennonche', la situazione di deficit complessivo del sistema sanitario e le difficolta', da parte delle aziende sanitarie ed ospedaliere, di raggiungere l'auspicato riequilibrio economico-finanziario, hanno tuttavia indotto il Governo ad intervenire nuovamente. L'art. 11, comma 2, del d.l. 25 maggio 2010, n. 78 - convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122 - stabiliva infatti che «Per le regioni gia' sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, sottoscritti ai sensi dell' articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e gia' commissariate alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi dei medesimi piani del rientro nella loro unitarieta', anche mediante il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti accertati in attuazione dei medesimi piani, i Commissari ad acta procedono, entro 15 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, alla conclusione della procedura di ricognizione di tali debiti, predisponendo un piano che individui modalita' e tempi di pagamento. Al fine di agevolare quanto previsto dal presente comma ed in attuazione di quanto disposto nell'Intesa sancita dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 3 dicembre 2009, all'art. 13, comma 15, fino al 31 dicembre 2010 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime». Questa norma - rispetto all'art. 2, comma 89, L. n. 191 del 2009 - presentava la novita' sostanziale di non contemplare piu' lo «svincolo delle somme». In seguito, il legislatore - con l'art. 1, comma 51, L. n. 220 del 2010 - ha riproposto la precedente disposizione nella sua interezza ed ha reinserito il principio secondo cui i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni alle aziende sanitarie locali e ospedaliere, effettuati prima della data di entrata in vigore del d.l. 78 del 2010, non producono effetti dalla suddetta data fino al 31 dicembre 2011 (31 dicembre 2012 per effetto del sopravvenuto art. 17, comma 4, lett. d.l. 98/2011) e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri i quali possono disporre, per le loro finalita' istituzionali, delle somme ad essi trasferite durante il suddetto periodo. 6. Illustrato il quadro normativo di riferimento, il Collegio e' dell'avviso che, per quanto la disposizione contenuta all'art. 1, comma 51, L. n. 220 del 2010 sia ispirata dal lodevole intento di contribuire al risanamento, nel settore sanitario, dei bilanci deficitari delle amministrazioni regionali, la stessa presenti molteplici violazioni di fondamentali principi di diritto espressamente tutelati dalla Costituzione e dal diritto comunitario. Pertanto, avuto riguardo alla concreta incidenza della richiamata normativa sui diritti creditori di parte ricorrente, il Collegio ritiene che i dubbi sulla legittimita' costituzionale del citato art. 1, comma 51, si presentino non manifestamente infondati, sotto plurimi e concorrenti profili. 7. L'art. 1, comma 51, L. n. 220 del 2010 presenta aspetti di contrasto con l'art. 24, commi 1 e 2, e 111, comma 2, della Costituzione perche' introduce una norma speciale che elide la possibilita' della soddisfazione concreta ed effettiva dei diritti del creditore in applicazione delle norme di diritto comune. L'entrata in vigore della citata disposizione ha in pratica reso inutile la possibilita' riconosciuta ai creditori di agire in giudizio al fine di ottenere il soddisfacimento delle obbligazioni dagli stessi vantate nei confronti delle aziende sanitarie ed ospedaliere delle Regioni soggette a commissariamento per dissesto finanziario. Cio' appare ancora piu' evidente ove si consideri che la norma contestata ha reintrodotto la previsione secondo la quale divengono del tutto inefficaci i pignoramenti eseguiti in data antecedente l'entrata in vigore della legge e consente agli enti debitori di rientrare nella piena disponibilita' delle somme dovute, ancorche' pignorate. Una norma della specie, incidendo retroattivamente su posizioni consolidate per effetto di una procedura esecutiva giurisdizionale si pone in evidente contrasto con il principio di effettivita' del diritto di difesa sancito dall'art. 24, commi 1 e 2. Si palesa inoltre la violazione del principio del giusto processo proclamato dall'art. 111, comma 2, perche' la norma censurata, da un lato, altera la condizione di parita' tra le parti, ponendo l'amministrazione in una posizione di ingiustificato privilegio e, dall'altra, incide sulla ragionevole durata del processo. Non sembra deporre, in senso contrario, la considerazione secondo la quale il legislatore, con la nonna contestata, non ha inteso privare in via definitiva i creditori delle aziende sanitarie o ospedaliere di promuovere azioni a tutela del proprio diritto, ma lo ha soltanto sospeso per un tempo determinato, allo scopo di agevolare in concreto le possibilita' delle Regioni di rientrare dal dissesto finanziario ed evitare, nel frattempo, che le stesse siano sottoposte alla pressione derivante dalle esposizioni debitorie delle aziende sanitarie ed ospedaliere. Per questa ragione e per un limitato intervallo di tempo, i debiti delle predette aziende sono semplicemente congelati, cio' a tutela dell'interesse pubblico al corretto andamento dei conti pubblici e, pertanto, a beneficio della collettivita'. E' facile sul punto ribattere che una mera sospensione del diritto di azione a tutela del proprio credito puo' produrre effetti considerevoli sulla situazione economica e patrimoniale del creditore. Peraltro, l'efficacia limitata nel tempo di tale sospensione e' nei fatti smentita dalla prassi seguita dal legislatore che, negli scorsi anni e, da ultimo, con il recente d.l. 98/2011, ricorre allo strumento della proroga allo scopo di mantenere in vita il regime speciale. Sicche', la fissazione di un termine finale di efficacia della norma derogatoria di diritto speciale appare sempre piu' spesso un meccanismo elusivo al quale il legislatore ricorre per rendere in apparenza piu' «digeribili» misure legislative volte in concreto a disattivare a tempo indeterminato - grazie all'espediente delle proroghe - l'efficacia del diritto ordinario. In senso contrario alla censura di violazione dell'art. 111, comma 2, Cost. potrebbe osservarsi che un'eventuale azione del creditore proposta nei confronti delle aziende sanitarie o ospedaliere, in presenza di una normativa che sospende il pagamento dei relativi crediti, sarebbe suscettibile di pronuncia di inammissibilita' in rito, salvo la possibilita' di proporre nuovamente l'azione giurisdizionale, una volta che la normativa derogatoria esaurisca i suoi effetti per lo spirare del termine finale fissato per legge. In questo senso, un'eventuale lesione del principio della ragionevole durata del processo, potrebbe eventualmente porsi per i ritardi registrati nel giudizio successivo che affronti il merito della questione. A questa osservazione e' facile tuttavia replicare che il principio della ragionevole durata del processo va sempre collegato alla pretesa sostanziale che si intende fare valere in giudizio. In altri termini, per valutare se un processo si e' svolto in tempi ragionevoli occorre considerare la durata complessiva della vicenda giudiziaria in relazione alla pretesa di diritto sostanziale per la quale il soggetto ha adito il giudice, essendo del tutto indifferente che per quella pretesa siano state proposte in successione una pluralita' di azioni. Utile appare, in proposito, uno sguardo sull'ordinamento comunitario. L'art. 47 della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, cd. Carta di Nizza, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, garantisce, quale diritto dell'Unione, il diritto di ogni individuo ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice indipendente ed imparziale ed entro un termine ragionevole. Sul punto, si rammenta che l'art. 6, 1° par., del Trattato di Lisbona sancisce che «L'Unione riconosce i dritti, le liberta' e i principi sanciti nella Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea del 7 dicembre 2000 (Carta di Nizza), adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati». Il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti delle amministrazioni sanitarie pubbliche di Regioni in dissesto, divieto operante, per effetto della sovrapposizione di normative succedutesi nel tempo, da circa due anni con probabilita' di proroghe, sembra porsi in aperto contrasto con il diritto dell'individuo ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale, da concludersi peraltro entro un termine ragionevole. La norma in discussione impedisce al creditore - persona fisica o giuridica che sia - l'esercizio del diritto soggettivo individuabile in una posizione giuridica di vantaggio consistente nel potere di agire nei confronti di altri soggetti, tra cui le pubbliche amministrazioni, per il soddisfacimento di interessi espressamente riconosciuti dall'ordinamento. 8. L'art. 1, comma 51, L. n. 220 del 2010 presenta inoltre aspetti di contrasto con l'art. 3, comma 1, della Costituzione. A fronte dell'improcedibilita' dell'azione esecutiva e dell'odierno ricorso per ottemperanza, il diritto di credito vantato in virtu' di un titolo esecutivo e' subordinato all'adozione di atti amministrativi aventi natura previsionale e programmatica ed, in quanto tali, di contenuto del tutto generico. Il creditore si trova quindi nell'impossibilita' di realizzare liberamente la propria attivita' economica, allo scopo di ricavarne un legittimo profitto, in particolare laddove operi nel territorio della Regione Campania, con palese discriminazione rispetto ai creditori di aziende sanitarie ed ospedaliere ubicate, invece, in altre regioni per le quali un simile impedimento non sussiste. Ne deriva una evidente disparita' di trattamento, in contrasto al principio di eguaglianza sancito dall'art. 3, comma 1, della Costituzione, Ne', in senso contrario, la previsione contenuta all'art. 1, comma 51, L. n. 220 del 2010 appare assistita dai principi di ragionevolezza e di adeguatezza. Ed invero, il rinvio della data di adempimento delle obbligazioni - le quali, per loro natura, non possono che riferirsi ad impegni assunti per il passato - si pone come un mero artificio per tamponare l'esposizione finanziaria della Regione in dissesto ma non sembra francamente in grado di realizzare l'obiettivo del rientro. Benche' i rapporti debitori abbiano contribuito ad incrementare la situazione di dissesto, e' tuttavia evidente che il risanamento dei conti e' conseguibile con ben diversi strumenti; valga tra tutte l'osservazione che, comunque, i debiti pregressi, sebbene sospesi, continuano a fare parte della massa passiva del bilancio contabile dell'ente e che, in ogni caso, andranno pagati con la sola incertezza circa l'an. Il risanamento infatti puo' realizzarsi grazie ad una complessa attivita' programmatoria e di cooperazione tra Stato e Regione, secondo modalita' tra costoro concordate volte a scadenzare il contenimento e la razionalizzazione della spesa per il futuro. E' questa infatti la direzione indicata all'art. 1, comma 180, della menzionata L. n. 311 del 2004. In questo senso, una previsione legislativa, quale l'art. 1, comma 51, L. n. 220 del 2010, che preclude la richiesta di adempimento sino ad una data determinata non appare ne' adeguata ne' ragionevole perche', nel bilanciamento tra i contrapposti interessi, quello del privato di ricevere soddisfazione della propria legittima pretesa pecuniaria, in virtu' della piana applicazione delle comuni regole del diritto privato e del diritto processuale civile, e quello pubblico, volta a ristabilire ordine nei conti dell'ente, sacrifica pesantemente il primo senza che vi sia una reale contropartita in favore del secondo. 9. La normativa censurata presenta inoltre elementi di contrasto anche con il principio della liberta' di iniziativa economica privata, sancito dall'art. 41 Cost. Spesso, i soggetti che intrattengono rapporti economici con le amministrazioni pubbliche sanitarie sono in prevalenza imprenditori, i quali hanno stipulato con queste contratti per la fornitura di beni o di servizi a seguito di procedure di evidenza pubblica. Per un imprenditore, in misura forse piu' accentuata rispetto ad un ordinario creditore, la puntualita' nel ricevere i pagamenti costituisce un fattore decisivo per il buon andamento dell'azienda. L'affidabilita' del contraente nell'adempiere alle obbligazioni assunte nei tempi pattuiti, rende possibile una saggia e piu' serena programmazione dell'attivita' d'impresa, ridimensiona notevolmente la necessita' del ricorso ad onerosi prestiti e finanziamenti bancari, consente all'imprenditore di rispettare le scadenze di pagamenti ai quali sia a sua volta tenuto. Non a caso, i rilevanti condizionamenti che la materia dei pagamenti produce sul libero mercato e la concorrenza hanno sollecitato l'interesse dell'ordinamento comunitario. Sul punto, la direttiva 2000/35/CE - che sara' sostituita, con effetto dal 16 marzo 2013, dalla Direttiva UE del Parlamento e del Consiglio n. 7 del 16 febbraio 2011 - ha introdotto a livello comunitario una normativa generale contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Nel settimo considerando, la direttiva chiarisce infatti che i periodi di pagamento eccessivi ed i ritardi di pagamento impongono pesanti oneri amministrativi e finanziari alle imprese, in particolare a quelle di piccole e medie dimensioni, dando origine a problemi che costituiscono una tra le principali cause d'insolvenza e determinano la perdita di numerosi posti di lavoro. Poiche', come chiarisce l'ottavo considerando, in alcuni Stati membri i termini contrattuali di pagamento differiscono notevolmente dalla media comunitaria, le differenze tra le norme in tema di pagamento e le prassi seguite negli Stati membri costituiscono un ostacolo al buon funzionamento del mercato interno. Questa situazione limita notevolmente le transazioni commerciali tra gli Stati membri, in contrasto all'articolo 14 del Trattato, secondo il quale gli operatori economici dovrebbero essere in grado di svolgere le proprie attivita' in tutto il mercato interno in condizioni tali da garantire che le operazioni transfrontaliere non comportino rischi maggiori di quelle interne. L'applicazione di norme sostanzialmente diverse alle operazioni interne e a quelle transfrontaliere comporterebbe la creazione di distorsioni della concorrenza. Il legislatore italiano ha dato attuazione alla richiamata direttiva 2000/35/CE, con il d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 che ha incluso nel suo ambito di applicazione anche le pubbliche amministrazioni, cio' allo scopo di contrastare la loro cronica e deprecabile lentezza di quest'ultime nell'adempiere ai propri debiti. L'art. 4, comma 1, d. lgs. 231 del 2002 ha fissato il fondamentale principio secondo cui gli interessi (moratori) decorrono, automaticamente, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento. Non puo' passare inosservato lo strabismo del legislatore italiano che, da un lato, con il d. lgs. 231/2002 traccia una disciplina generale, anche in attuazione della normativa comunitaria, volta a pressare le amministrazioni pubbliche, tendenzialmente recalcitranti, ad effettuare con regolarita' e tempestivita' i pagamenti dovuti e, dall'altro, con l'art. 1, comma 51, L. n. 220 del 2010, consente una deroga speciale per presunte superiori ragioni di finanza pubblica. Tale deroga appare invero vessatoria solo ove si rifletta sulla circostanza che, a parti invertite, ossia nei casi in cui sia l'amministrazione ad essere creditrice, in particolare nel caso delle obbligazioni di natura fiscale e previdenziale, il legislatore appronta un ben piu' efficace inventario di strumenti esecutivi per forzare l'adempimento. 10. In base alle suesposte considerazioni, la questione di legittimita' costituzionale dell'1 comma 51, citato si appalesa prima facie: a) rilevante, in quanto la disposizione costituisce unico ed immediato paradigma normativo di riferimento che comporta l'inammissibilita' dell'odierno ricorso ed alla cui dichiarazione di illegittimita' costituzionale puo' seguire una pronuncia nel merito satisfattiva delle pretese di parte ricorrente; b) non manifestamente infondata, alla luce delle esposte considerazioni critiche. Pertanto, in applicazione dell'art. 23 della legge Costituzionale n. 87 del 1953 e, riservata, ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione dell'incidente di costituzionalita',